non demordo, ammetto di essere una capa tosta e d’altronde se non lo fossi chissà dove sarei adesso!
essere una persona che non cede e non si arrende neanche davanti a dei fallimenti che potrebbero sommergere i più a me fa diventare invece una leonessa, certo a volte una leonessa ferita, spesso ferita in modo gravissimo ma dentro la sento quella forza, sento che prima o poi salterà fuori di nuovo!
che poi mi debba leccare le ferite per chissà quanto tempo è un’altro discorso, nessuno è invulnerabile, a volte restano cicatrici profondissime che fanno male solo a sfiorarle, bisogna farci l’abitudine, stringere i denti e aspettare che passi!
cosa c’entra questo incipit con la pizza bianca?
chi mi legge sa che a volte prendo strane vie per arrivare al nocciolo delle cose, e qui il nocciolo è sempre lui, il lievito e la mia maldestrezza (si dice maldestrezza? boh!) nel gestirlo!
però io ci provo, e ci riprovo, a volte sfornando delle ciofeche pazzesche, e per fortuna che il briciolame serve sempre, per cui non butto ma grattugio, trito, sminuzzo e via in freezer pronto per essere riutilizzato, altre devo dire che non sono malaccio, non avranno i buchi alveolati che dovrebbero esserci, non ci sarà la crosticina croccante ad hoc, ma sono commestibili, e io oltre che una capa tosta sono anche paradossalmente anche una che si accontenta, ci sarà sempre una prossima volta in cui fare meglio!
così è stato per la pizza bianca di Paoletta, naturalmente non mi è venuta con quegli antri giganteschi come la sua, ma è scrocchiarella, leggera, buona con prosciutto e fichi e da svenimento con la mortazza!
vi faccio uno spudorato copia-incolla della sua ricetta, io non ho fatto lievitare nella macchina del pane ma in una ciotola coperta dentro al forno con la lucina accesa, per il resto è tutto uguale!
PIZZA BIANCA:
copia-incolla da Anice e cannella:
a questo punto io ho messo in una ciotola coperta dentro il forno con la lucina accesa ed ho aspettato che triplicasse di volume, un paio d’ore circa.
Appena l’impasto ha raggiunto la giusta lievitazione, lo si rovescia sulla tavola ben infarinata e con le mani ben infarinate o unte d’olio, si fanno le pieghe di Adriano quelle del primo tipo.